Dall’ antichità tramandato,
da rudi stagioni cadenziato,
prezioso, umile e onorato,
in ramoscello di pace elargito.
L’ulivo negli anni sagomato,
dal pio campestre antenato,
a progeniture salvaguardato,
l’eterno profetico spezziato.
L’oleaceo riposa d’inverno,
Il sebo sonnecchia in letargo,
la primavera mira runggente
il risveglio é quasi imminente.
La pianta assetata d’estate,
dignitosa aspetta in postura,
Il passaggio di nubi gonfiate,
da gocce ch’estingue l’arsura.
L’autunno inverte i colori,
dell’olive verdi al violaceo,
ai primi freddi soggiunge,
la raccolta dell’ ovuli maturi.
Pettinata con cura la chioma,
l’ulivo or piange di gioia,
cende a stento il suo frutto
posandolo su reti al disotto.
Le pietanze a render genuine,
al cotidiano i suoi condimenti,
da macine voraci e ruggenti
dorate lacrime d’olio colanti.
Tonino Pagnotta
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